lunedì, giugno 12, 2017

L'ottava in due parole....(1)

Prima di dedicarci all'analisi tecnica della scorsa settimana vorrei soffermarmi sulla giornata di venerdì scorso sul settore tech americano.
Le Cassandre di Wall Street lo hanno subito definito un “bloody nightmare” (bagno di sangue). I più cauti parlano di “strano calo dei fantastici tech”. Al di là dell’inquadratura lessicale, il dato di fatto è che venerdì scorso Wall Street è stata maltrattata proprio dalle “dive di Silicon Valley” dai cali vertiginosi. Il Nasdaq, il listino tecnologico, ha perso l’1,8% e lo S&P 500 information technology ha registrato un ribasso del 2,73%. A trascinare a fondo gli indicatori di settore sono stati titoli del calibro di Apple che ha chiuso la seduta a -3,88%, Microsoft -2,28%, Google -3,40% e Facebook -3,28. Amazon ha ceduto il 3,27%, mentre Netflix è capitolata con un -4,72%.  

Una debacle per le “digital mega-cap”, il manipolo di tecnologiche a gigantesca capitalizzazione, raggruppate in una varietà di acronimi come “FAANGtastic Five”, le dive di Silicon Valley protagoniste quest’anno di una crescita nelle Borse sino al 33%. Le locomotive che hanno messo le ali ai listini americani dalla vittoria di Donald Trump alle elezioni. La loro parabola da sogno potrebbe aver cambiato traiettoria con i pronunciati cali di venerdì, col rischio di trasformarsi in un incubo.  

I loro destini sembrano essere descritti e consegnati da un paio di report di grandi banche d’affari. In primis quello di Goldman Sachs, che ha lanciato un monito utilizzando il termine “air-pocket”, bolla d’aria, una parola che sui mercati crea sempre qualche pensiero sebbene non si parli di “bubble”, ovvero bolla vera e propria. 

Il messaggio di Goldman è riferito ai fondamentali stessi di questi titoli che nel 2017 hanno rafforzato la loro capitalizzazione di mercato di ben oltre 600 miliardi di dollari. «E’ l’equivalente del Pil di Hong Kong e Sudafrica», spiega la banca. Il gruppo inoltre, rappresenta il 13% in termini di valore del paniere S&P 500, ma ha contribuito a rafforzarne la crescita per il 40% dal 1 gennaio ad oggi. Bank of America, in un altro rapporto, ricorda che i fondi di investimento a larga capitalizzazione hanno incrementato la loro esposizione sui titoli tecnologici di un margine mai visto prima. Ancor più pronunciata di quella che caratterizzava i fondi nel periodo immediatamente precedente alla bolla delle “dotcom” del 2000. Ovvero quel tonfo dei titoli Internet avvenuto nell’era in cui le regine dell’hi-tech erano Lucent, Cisco, Oracle, Intel e la stessa Microsoft. Tale accostamento crea interrogativi e forse agevola vendite e cambi di orientamento degli operatori su altri settori, specie più maturi. Potrebbe trattarsi di venti contrari conseguenti la performance stellare dei titoli stessi, o forse no. La storia delle Borse ricorda quattro momenti in cui le “dive tech” sono diventati così forti, nel 1993 e nel 2005 con successi consacrati, e nel 1999 e nel 2007. In questi ultimi casi l’epilogo fu il bagno di sangue.  

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